VELATA DEPRESSIONE

La cosa preoccupante della depressione è innanzitutto la sua continua sottovalutazione: clamorosa se si pensa a quanto ancora ci si vergogni di chiedere aiuto per sé o per qualcuno a noi vicino; incredibile se si pensa al reiterarsi delle battutacce di risposta: dovresti farti una scopata, esci di più, datti da fare!

Credo, tutto sommato, che questo riguardi il nostro provincialismo, la volontà piccolo-borghese di far credere che tutto sia a posto, tutto vada bene, che non abbiamo nessun panno sporco da lavare nemmeno in casa: in noi, per i suddetti motivi; negli altri, per esorcizzarlo in noi. La malattia della modernità e delle metropoli viene così allontanata dai nostri occhi e sminuita. Ma non è solo la sua scarsa considerazione a preoccuparmi, quanto i suoi molteplici fraintendimenti.

Nella maggior parte dei casi infatti si pensa che il depresso sia solo una persona triste che starebbe a letto tutto il giorno, chiusa in casa a lamentarsi; si pensa che gli manchino volontà, coraggio, ottimismo e che dovrebbe darsi da fare per risollevarsi. Si pensa che la depressione sia uno stato d’animo contingente e, obbligatoriamente, effetto di una causa quale la rottura con la fidanzatina/o, il non trovare lavoro o il non passare un esame.  E da qui, tutto lo scaturire degli equivoci tra lo status di semplice nome e aggettivo (il depresso, oggi ti vedo depresso) oppure patologia vera e propria (la Depressione).

La dico a mala-parole: la depressione è ciò che ci costringe a pensare alla morte, dunque alla vita. E dilaga quando non siamo preparati a tale pensiero. Per questo è pressoché inevitabile: perché abbiamo allontanato tutte le pratiche che, di riffa o di raffa, ci costringevano al confronto continuo con esse: Dio (vi prego, intendo in senso astratto), il rito, il grande teatro, la grande letteratura, il contatto autentico con la Natura (vi prego, intendo Lo Stato Immutabile delle Cose, non l’abbracciare un albero), le stagioni, il Nulla, il Buio. Incapaci del confronto con la morte (e la vita), i depressi veri sono gli iperattivi che si riempiono l’esistenza di cose da fare, di weekend fuori porta, di sveglie all’alba, di attività fisiche, feste, eventi, paradisi artificiali e parchi dei divertimenti. Tutto ciò crea una schiera infinita di insopportabili finto-ottimisti piccolo borghesi dall’iniziativa sempre pronta: l’oblio sarebbe meglio.