NON CI SONO PIÙ GLI UOMINI DI UNA VOLTA!

NON CI SONO PIÙ GLI UOMINI DI UNA VOLTA!

 

Tante volte, parlando con qualche amica o, soprattutto, leggendo svarianti post sui social-network, scopro che le donne lamentano la mancanza di uomini veri e rimpiangono quelli d’altri tempi. Tra gli interventi più risibili, la richiesta di andarle a prendere sotto casa anziché inviare un messaggio o il confronto tra la foto di Paul Newman e quella di Fedez. Il tutto per la serie di strumentalizzazioni che ultimamente vanno inserite nel filone del popolare slogan ti piace vincere facile.

 

Bene. Tralasciando la definizione di uomo vero, che ci porterebbe a discorsi da cabaret o pseudo-filosofici o maschilisti o femministi o retorici, mi concentrerei su un primo dato che ha sempre il potere d’allibirmi: la reiterata irragionevole abbagliante edulcorazione del passato. Ed in questa macro-parentesi, rientra anche la compianta figura dell’uomo d’altri tempi.

 

C’è una cosa che tutti trascurano quando sognano di vivere nel passato e di partecipare alla società civile di epoche trascorse: quella che sarebbe stata la loro condizione sociale ed economica allora. Tutti credono infatti di essere, alla meglio, della stessa classe dei personaggi che hanno letto sui libri (aka, visto nei film) o che hanno fatto la storia; tutti si immaginano artisti bohemien imbottiti d’oppio per i vicoli di Parigi, tutti s’immaginano di poter oziare, dopo aver potuto studiare e viaggiare. Ma la maggior parte di noi, io compreso, è figlia di generazioni di contadini che, durante le epoche rimpiante, sarebbero stati degli analfabeti incorreggibili: poveri in canna, timorati di Dio, regolati da riti ancestrali, lune e falò. Quindi mi chiedo quale sia l’uomo d’altri tempi che queste donne rimpiangono: uno del loro ceto? Un minatore d’inizio Novecento? Un contadino di un latifondo siciliano? Uno spazzacamino? Quali dialoghi s’immaginano, or dunque, con questi poveri cristiani? Quali buone maniere? Quali galanterie? Quali confronti culturali?

 

Veniamo al secondo caso. Ovvero figlie di figlie di figlie di figlie di quella che allora era aristocrazia o alta borghesia. Si pensa che i maschi appartenenti a questa categoria siano stati migliori? I principi azzurri aspettati una vita? Personcine di buone maniere, inestimabile onore, illimitato rispetto per la donna? Temo di no: matrimoni combinati, vite separate, amanti fisse, dependance allestite per scappatelle acclarate, quasi totale trascuranza dei figli affidati a bàlie e precettori e considerazione per la donna molto bassa, se non nell’idealizzazione del soggetto scrivente, per qualche tratto fisico, grazia presunta, forza ispiratrice (nemmeno tra gli scrittori, a leggere i romanzi delle epoche che portiamo in trionfo, troverete qualcuno che encomia le donne su tutta la linea).

 

Dunque qual è l’uomo d’altri tempi che viene rimpianto? C’è stato un decennio tra gli anni ’50 e i ’60 in cui gli uomini erano perfetti? Sono loro gli uomini che cercate? Non vi sembra strano che la generazione corrisponda a quella dei vostri padri? Avete mai ripassato Freud? Avete mai superato il complesso di Elettra? Quell’uomo perfetto che voi chiamate papà o nonno, per altre è stato fidanzato e marito e amante.

Se fossi una donna , più che rimpiangere l’uomo d’altri tempi, proverei a sognare l’uomo del futuro, immaginando, con pochissime speranze, sia migliore dei suoi predecessori.