A chi mi chiede perché mi sia rifugiato nei libri anziché vivere, rispondo con grande facilità, lasciando volontariamente da parte la melanconia, le morti simboliche e le successive rinascite non rinascite: la vita concerne la realtà; la Letteratura concerne la verità. La prima non mi interessa; la seconda mi interessa poiché irraggiungibile.
Ma in realtà, appunto realtà, nessuno mai mi fa questa domanda. Il mio è solo un atteggiamento poco originale di titanismo romanticizzante: nessuno mai mi fa questa domanda. È uno scherno che desumo, io paranoico e abituato alla continua giusta umiliazione della cultura, dal solito modo di fare arrogantello-aggressivo-passivo di questa miriade di borghesi in borghese che ci circondano e che tentano di sminuire, in modo indiretto, ogni cosa che diventi alta, con la loro particolare efficace debolezza, e di insegnarmi come si vive affrontando il quotidiano: Dio Santo, il quotidiano. E tutto questo, questa patente per piedinstallarsi e pontificare sulle nostre inettitudine pigrizie e disperazioni, solo perché si alzano volentieri di domenica mattina presto e, inforcate le loro scarpe da ginnastica-ma-che-puoi-mettere-anche-con-un-pantalone-elegante-e-la-camicia, vanno a farsi un giro e qualche foto.
Torniamo a non noi. Superate rabbia e frustrazione, si torna all’orgoglio: la Letteratura, i libri, come idee e come oggetti. Poter parlare con Bardamu, Swann, Kurtz anziché con un barista, un tifoso, un amico; poter trascorrere una serata tra veri falliti, io e Christian Buddenbrook e Hans Schnier.
Là fuori, intanto, nell’anno del Signore 2020 inoltrato, si discute di medicinali miracolosi che hanno effetto in Giappone, di riaprire chiese e teatri fino a poco fa vuoti, di distanza tra ombrelloni perché noi vogliamo andare al mare!
Ma questa, vedete, non è spocchia, non è alterigia: fin troppo banali l’intellettuale, lo snob, la torre d’avorio, l’élite, il salottiere, l’aperitivista, il fine satiro, il fustigatore, l’alfabetizzato, quello che non ha la tv in casa, quello che fa il cammino di Santiago e, a caccia di interiorità e spiritualità, tutti i giorni ci tiene informati attraverso le foto sui social circa le bolle comparse suoi piedacci puzzolenti.
Questa è invece estrema umiltà. Infatti, al contrario di cosa si pensa, Letteratura è quando non si riesce a dire più niente: Dio, io, amore e morte. E allora massacriamo l’ingegno e le malinconie pur di andarci vicino, pur di trovare un giro di parole belle che descriva la nostra pochezza di fronte all’Abisso.
E l’Abisso non riguarda la quotidianità.