EREMITA D’OCCIDENTE
Avrei voluto scrivere questo brano diverso tempo fa, molto prima che le restrizioni causate dalla pandemia mi facilitassero, complicandolo, il compito.
Complicandolo perché di fronte ai tanti morti, alla sofferenza, alla crisi economica epocale, rimane poco spazio, ancora meno spazio, per parlare d’altro, in questo caso, di interiorità e della propria vita, senza apparire fuori luogo o inopportuni.
Ma la verità è che la pandemia mi ha dato più libertà di quante me ne abbia tolte.
Tutte le libertà concernenti alla parte destruens, alla noluptas (se non sindrome del Nirvana), al Non chiederci la parola del “codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. La liberatoria libertà di dire: NO.
Le parole magiche, benedette, salvifiche, catartiche: no, non ci sono, non vengo, non ho voglia, non mi interessa, non me la sento, non mi trovo, non mi piace, non mi va.
E tutto questo giustificati, anzi visti come modelli da imitare di cittadini per bene, dalla pandemia. C’è voluta una calamità mondiale per rallentare, per non sentire più il rombo delle macchine dalle 6 del mattino, per non stare più nel traffico, per evitare gli inviti ai matrimoni dell’estate, per poter non assistere ininterrottamente alle quotidiane stronzate della gente, al balletto delle mode più cretine, alla competizione giornaliera, all’affanno. Ci è voluta una pandemia per poter respirare, leggere, fare tardissimo di notte, dormire un po’ di più al mattino; per poter stare soli, in silenzio, approfondire, inabissarsi, ricordare, illudersi, votarsi all’abbandono.
E tutto questo senza doversi giustificare, senza dover scontentare nessuno; tutto quell’entourage di persone che si sentono offese, in quanto ego-riferite, se qualcuno non è come loro, non è sempre a mille, non è sempre a proprio agio, non passa volentieri del tempo in compagnia, a parlare del nulla cosmico (magari!), a intrattenersi, a sprecare la serata e, alla lunga, la vita.
Da anni, chiuso in me stesso per ogni cosa che ritengo importante, recito la parte del sopravvissuto, trovando, per fortuna, di tanto in tanto, qualche naufrago come me.
Da domani, ricomincia lo spettacolo.